Strinati, recensione cd “Forme d’aria”
Con Forme d’ aria Alessandro Sbordoni ha creato un lavoro organico che pur suddiviso in otto scansioni costituisce, invece, un’unità coerente e estremamente interessante e sintomatica della sua evoluzione degli ultimi anni. Del resto lo stesso compositore ha indicato con chiarezza i propri intenti e i propri raggiungimenti e ne dà conto in una sintetica ma efficace introduzione premessa al cd, edito molto bene dalla VDM. Sbordoni ha più volte insistito sulla dimensione della ricerca che caratterizza il suo fare specie da alcuni anni a questa parte, successivi alla scoperta della eccezionale versatilità del Bayan, questa vera e propria “macchina” sonora che espande le già cospicue possibilità della tradizionale fisarmonica. L’ approfondimento del Bayan ha indotto Sbordoni a accentuare quella sua naturale tendenza alla valorizzazione dell’ “oggetto sonoro” in sé che lo induce a una immersione sempre più convinta e sempre più sentita nella pura fascinazione, appunto, del suono, fonte di ogni piacere e ogni soddisfazione quando ci si aggira nello spazio estetico. Dopo Sirius del 2009 in cui l’ utilizzo del Bayan già aveva portato il compositore a traguardi notevoli ( specie nel brano che dà il titolo a tutto il cd, Sirius per Bayan e orchestra, un pezzo pieno di epico impeto, energico pur nella potente contrapposizione di una continua ascesa contro una altrettanto continua immobilità del tessuto sonoro), Forme d’ aria è un vero e proprio “poema” strumentale un po’ come cento anni fa toccò al “poema sinfonico” alla Richard Strauss, un tipo di struttura che permette all’ autore di condividere sia la tradizionale articolazione in fasi successive e interconnesse, sia di mantenere la totale indipendenza da qualunque costrizione di “forme” troppo precise e codificate. Appunto Forme si intitola il bel cd ma in unione col termine aria, giustifica dunque tale asserzione. La Forma è la circoscrizione, l’ aria è il librero espandersi del flusso sonoro. Il termine aria, del resto, è ancor più significativo. Aria è la parola che si utilizza, in musica, proprio per indicare il canto strutturato in forme precise, tanto da essere divenuto, col tempo, quasi interscambiabile col termine “romanza” nell’ ambito dell’ opera lirica. Ma la parola aria si usa anche nelle arti figurative, o almeno si usava anticamente, per indicare lo stile, l’ aspetto più evidente di un’ opera pittorica o scultorea. Ha un’ “aria” virile, si diceva nel Quattrocento o nel Cinquecento, per spiegare come quel determinato quadro esprimesse chiarezza e energia: ha un’ “aria” delicata, si diceva per intendere come predominante fosse l’ intento di commuovere e dilettare: ha un’ “aria” severa per indicare lo stile naturalistico e così via. Ma in Sbordoni questo titolo indizia una idea poetica molto rilevante nel lavoro del compositore, indizia, cioè, la sua intenzione di far ben comprendere come, giunto in un punto culminante della sua parabola creativa, l’ artista voglia mettere a frutto sia le esperienze acquisite soprattutto nella sua prima fase al tempo di Nuova Consonanza con il predominio di una libera improvvisazione, sia le esperienze successive maturate tra gli anni ottanta e novanta del Novecento e miranti a una superiore e ferrea strutturazione della forma, con un consistente controllo sulla tranquilla espansione della creatività dell’ interprete anche se sempre all’ interno delle chiare strutture delineate dal compositore. Forme d’ aria dà veste sonora a quella idea del vagabondare nello spazio sonoro della Natura intorno a noi, che ci avvolge e ci conduce e che Sbordoni esemplifica nel tema della Foresta dove quel che conta è andare, a prescindere dalla precisa direzione da prendere. Gli otto brani che compongono Forme d’ aria sono appunto percepibili in tale ottica, fermo restando come la Foresta sia una pura metafora che indica la dimensione dell’ emotività quale unica e necessaria per fruire concretamente delle intenzioni dei musicisti. Non viene meno, quindi, quell’ ideale, già caratterizzante il lavoro di Pierre Boulez, di lanciare nello spazio dell’ ascolto aggregati sonori che definiscono una serie di “icone” emblematiche in cui l’ ascoltatore si riconosce e alla cui forza comunicativa si collega. Solo che tale ideale viene ora ridefinito da Sbordoni come una sorta di sismogramma che attraversa uno spazio sonoro vasto e immobile, dentro il quale si cala la creazione dei vari momenti delle Forme d’ aria corrispondenti ognuno a uno stato d’ animo e a una situazione mentale di spasmodica attenzione a ogni minima aggregazione della materia sonora che ci trasferisce emozione e tensione. Il suggerimento di trasformare una condizione “naturale” in una “artistica” giustifica appieno l’ idea di interpretare Forme d’ aria come un metaforico attraversamento della Foresta nei suoi diversi momenti. Il dominio della Natura è infatti ferreamente regolamentato dalle leggi della biologia e della botanica ma risulta poi caotico e frammentato dall’ intersecarsi di elementi, animali e vegetali, ciascuno dei quali segue una propria logica ovviamente non coincidente con quella dell’ altro, creandosi così quella sublime sensazione di trovarsi in balia di forze che ci dominano e insieme ci accolgono secondo principi di verità e bellezza. Ne scaturisce quell’ immagine che Sandro Veronesi chiamò in un suo libro famoso del 2006 del “caos calmo” e che si ritrova, sia pure espresso in tutt’ altri termini, nell’ affascinante cd di Sbordoni .
Qui Sbordoni suona insieme con il prodigioso flautista Roberto Fabbriciani ( al flauto basso), un eccezionale “inventore” di sonorità sorprendenti e di spessori armonici che marciano in sintonia e profonda integrazione con i principi compositivi di Sbordoni stesso. Gli otto brani sono veramente un viaggio della mente e dell’ anima e, tutto insieme, il cd dà l’ impressione di un tragitto che comincia con un lento risveglio e si chiude con il ritorno a una dimensione di quiete e di pienezza. Se si pensa che sono passati esattamente cento anni da quando un compositore, animato da intenti simili, stava elaborando un poema sinfonico della Natura ispirato a un criterio non antitetico rispetto a quello su cui ora ha lavorato Sbordoni ( Eine Alpensinfonie di Richard Strauss in corso di stesura proprio tra il 1912 e il 1914) si comprende bene quanto un’ esperienza tardo-romantica come quella di Strauss e una postromantica come quella di Sbordoni possano trovare una sotterranea sintonia pur in una dialettica che ha progressivamente nutrito il senso della modernità e che ha ancora una feconda e nobile strada da percorrere in questi tempi tanto difficili ma anche tanto stimolanti per tutti noi. Il primo brano del cd si chiama proprio Forme d’ aria ed è un vero incipit , un risveglio denso e profondissimo in cui le forme prendono a delinearsi quasi a significare l’ origine stessa del suono in sè e la creazione del linguaggio musicale in sé. Il brano successivo Aria di tango sembra suggerire proprio l’ arrivo della prima luce e il “cominciamento” effettivo dove l’ afflato sonoro prende vera “forma” e porta naturalmente verso il terzo brano emblematicamente intitolato Air che è una sorta di possente adagio dell’ Ubi consistam, un pezzo magistrale ispirato all’ idea della fissità dell’ Uno, sorta di immane canna d’ organo suonata dal vento mentre la luce trapela sempre più intensa nel fitto del bosco, efficace metafora dell’ ingresso sicuro nello spazio naturale secondo un’ ottica che, mutatis mutandis fu già meravigliosamente espressa dalle Waldszenen di Schumann. Sembra di sentire la presenza dei viventi, evocante una specie di ben più concreta e terrena “pioggia nel pineto” dei nostri tempi, quando il poeta ascolta il borbottio e il bisbiglio del bosco senza comprendere bene se siano versi di animali, pur invisibili, o sia lo stormire di fronde remote che appena gli arrivano alle orecchie. E si arriva così al pezzo successivo che si chiama Aria sospesa e pare veramente di trovarsi tra l’ incertezza e l’ approdo sicuro, tra la difficoltà dell’ incedere e il passo spedito indotto da spazi più agevoli che all’ improvviso ci si presentano davanti. E’ una nuova metafora ma resta sempre latente quella dell’ attesa che porta al brano centrale, Calmo, dove la dialettica tra ansia e tranquillità tocca un culmine significativo. Sembra, dal tessuto sonoro creato dai due grandi musicisti, che la tesi di fondo sia proprio che la dialettica tra i due termini di ansia e tranquillità porti alla coincidenza degli stessi. E’ qui che si realizza quella situazione di sentirsi come avvolti dalla materia sonora per cui non c’è ansia o tranquillità ma c’è solo immersione nel flusso vivente della musica. L’ Aria di tango 2 successiva è un folletto danzante che ci si para davanti e spinge al cammino accentuandone il ritmo e lo sforzo. Si arriva così al brano titolato A due voci che percorre un’ altra grande dialettica, quella della solitudine e della compagnia, che rende esplicite le affinità elettive nel concreto dialogo degli strumenti. E’ come se fosse calato il silenzio nello spazio dove i musicsti agiscono e fosse così attivato al meglio il reciproco ascolto. Non è qui né l’ ideale del “mormorio della foresta” wagneriano né quello dell’ “après-midi” debussyano. E’ soltanto il preludio al grande finale, i Ritmi d’ aria che fa sentire chiaramente l’ avvenuto incontro con chi vive la stessa esperienza e la condivide nel nome dell’ Arte. Sembrano prendere forma i sentimenti elementari che sovrintendono a tutto come la paura scampata e la gioia di esserci, e questo singolare e perfetto “poema” musicale termina in maniera quasi “dantesca” svanendo come la Piccarda Donati nel terzo canto del Paradiso: “ ….cantando e cantando vanio/ come per acqua cupa cosa grave”. Si comprende bene il senso recondito del titolo del cd: Forma è ciò che contrasta l’ informe, Ritmi è ciò che combatte l’ inerzia. Su questo arco costruttivo si dipana l’ intera composizione e si coglie meglio il rapporto necessario con il precedente Sirius dove è l’ impeto del movimento a dominare ma con la logica della contemplazione delle stelle in cielo, pulsanti ma apparentemente immobili e remote e pur tuttavia incombenti sulla nostra fantasia più libera. Così Sbordoni con questo lavoro di Forme d’ aria ha messo un altro punto fermo alla definizione di una personalità creativa che riesce sempre meglio a concepire canali di comunicazione e coinvolgimento con chi confida nella musica come veicolo di totale appagamento rispetto alle proprie preoccupazioni e difficoltà, nel nome dell’ armonia dell’ Arte, un’ armonia in cui il maestro non soltanto crede ma da cui continua a estrarre una sua filosofia estetica che non è, però, astratta teoria ma prassi e prassi molto efficace.